[ I testi di questa pagina sono tratti dall'opuscolo "Ricerca araldica dello stemma Comunale" di Giacomo Danesi. ]
Lo stemma comunale del comune di Adro? Ufficialmente non esisteva. O meglio. Lo stemma che i cittadini adrensi erano abituati a vedere sui documenti ufficiali del comune, sulla fiancata dell’autovettura dei Vigili Urbani, sui cartelli di alcune vie del paese e sul gonfalone, non aveva nessun carattere ufficiale e giuridico per un motivo molto semplice: nessuna amministrazione comunale aveva mai provveduto a chiedere e ottenere il regolare “Decreto di riconoscimento” presso l’Ufficio Araldico, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri!
Eppure la storia dello stemma che oggi conosciamo, una grande “A” accompagnata da tre grappoli d’uva, ha origini lontane.

Chiesa di Santa Maria Assunta in cimitero. Impossibile non vederla, lassù sulle pendici del colle che domina il paese. Splendidi i tesori che racchiude. Il professor Umberto Perini nel suo volume: “Storia di Adro - La césa de ‘Ader” pagg. 49-92, descrive mirabilmente tutti gli affreschi che, secondo il Guerrini, appartengono alla scuola di Floriano Ferramola (1480 c-1528). All’interno troviamo numerose tombe; su alcune di loro possiamo ammirare lo stemma di famiglia del defunto: dalla famiglia Riva alla famiglia Marini, a quello dei nobili Suardi.
Ma lo stemma araldico che più c’interessa è quello scolpito nella pietra grigia che troviamo sull’arco di accesso alla chiesa. Come si può notare al centro figura la grande “A” con un solo grappolo d’uva. In alto, sopra la “A”, a sinistra ecco la consonante “C”; a destra, sempre in alto, ecco la vocale “A” , a significare, appunto, la Comunità di Adro. “Tutta la strutta dell’edificio non intonacato – scrive il professor Umberto Perini - , che lascia scorgere il pietrame usato – conci informi di medolo -, è quella originaria del sec. XVI, ma di tipici aspetto ancora quattrocentesco…”. Dunque, la storia dello stemma comunale adrense ha origini lontane nei secoli.

All’interno della chiesa, lo stemma adrense è affrescato più volte. Ma i grappoli effi-giati nello stemma, contrariamente al singolo grappolo che appare inciso sulla pietra in Santa Maria Assunta in Cimitero, sono tre: due sono posti accanto alla grande “A centrale, proprio al posto della “C” e della “A” in alto, mentre un terzo appare posto sotto la grande “A” centrale.
Nessuna meraviglia che gli adrensi abbiano scelto come simbolo un grappolo d’uva. Adro, come tutta o quasi la Franciacorta, è zona deputata alla coltivazione della vite fin dall’antichità.
Fa un certo effetto leggere in “De naturali vinorum historia”, scritto dal dottor Andrea Bacci, archiatra del Sommo Pontefice Sisto V (Felice Peretti, Grottamare, Ascoli Piceno, 1520 – Roma 1590), edito nel 1596 in ben sette volumi, che “….oserei dire che il territorio di Brescia supera tutto il resto della regione Transpadana nelle fecondità d’ogni frutto, ma specialmente per i loro vini.” Il Bacci proseguiva elencando i paesi franciacortini che, a suo dire, fornivano vini dal colore e sapere delle “Lacrime”.
A questo punto oso sperare che i vini della zona fossero ben graditi da papa Sisto V! Questa frase è citata nel volume “I vini bresciani”, nella speciale edizione curata dalla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Brescia, edita nel 1973 dal mai abbastanza compianto editore Fausto Sardini.
Ma quando gli adrensi hanno potuto ammirare per la prima volta su un documento lo stemma comunale? Ho potuto accedere all’archivio comunale per tentare di dare una risposta a questo quesito, e la sorpresa è stata grande! La prima volta che uno stemma ha fatto bella mostra di sé su un atto ufficiale del comune di Adro, l’ho trovato in un verbale di deliberazione della Giunta Municipale con oggetto:“Storno di fondi da operato d’urgenza dalla Giunta Municipale”. Porta la data del 18 dicembre 1907. Dove sta la sorpresa? Sul fronte-spizio appare sì la scritta “Comune di Adro” ma, come si può ben notare, il nome Adro è stato sovrapposto ad un altro nome, e precisamente al nome “Chiari”. Sopra la scritta ecco, infatti, comparire lo stemma comunale del comune di Chiari!

In fondo a destra il particolare.
Cosa può essere successo? Con tutta probabilità quando il sindaco ing. Carlo Chocard diede disposizioni al segretario comunale Carlo Gaeta di stendere il relativo verbale di deliberazione, il segretario si accorse di non avere a disposizione il relativo modulo. Niente paura, deve aver pensato il Gaeta estraendo dal suo cassetto un modulo del comu-ne di Chiari. Bastava, in fondo, cancellare il nome del comune della bassa bresciana e sostituirlo con il nome di Adro!
Il guaio è che non si accorse, o finse di non accorgersi, che dopo l’azzardata opera-zione lo stemma clarense continuava a fare bella mostra di sé ben posizionato sopra la scritta “Comune di Adro”! Particolare curioso. Il comune adrense non aveva mai avuto fino ad allora uno stemma ufficiale. Con stupore dobbiamo prendere atto che il primo stemma apparso su un atto ufficiale del comune di Adro nulla aveva a che vedere con la sua storia!
Una strana prassi quella di sostituire una parola e aggiungerne un’altra su un documento ufficiale? Assolutamente no! Nel mio archivio personale ho trovato un documento, che riguarda il comune di Torbiato, oggi frazione di Adro, che sembra fare il caso nostro.

Correva l’anno 1874. Il curioso documento porta la data del 26 gennaio. L’Ufficiale di Stato Civile Attilio Bertola, quel giorno si trovò sicuramente a disagio nell’accorgersi che non aveva più a disposizione un modulo per poter certificare la nascita di Giuseppe Gatti, figlio del fu Stefano e della fu Maddalena Filini, legittimi coniugi. Documento che il giovane aveva richiesto per presentare all’ufficio Leva.
Ma il nostro Ufficiale dello Stato Civile non si perse d’animo. Preso un modulo usa-to per certificare la Morte, con un tratto di penna cancellò la parola “Morte” e vi sovrappo-se la parola “Nascita”! Altrettanto fece nel testo, cancellando la parola “Morto” con la paro-la “Nato”! Evidentemente l’arte d'arrangiarsi ha origini lontane nel nostro Paese!
Ma torniamo allo stemma adrense. Correva l’anno 1910 e precisamente il giorno 19 ottobre. Ecco, finalmente, apparire su un documento del comune di Adro lo stemma uffi-ciale, che rimarrà in pratica immutato fino ai giorni nostri.

In fondo a destra il particolare dello stemma.
Resta un problema. Da chi fu ideato? A chi va il merito della scelta dei tre grappoli d’uva con una grossa “A” al centro? Il professor Umberto Perini, nel suo fondamentale volume: “Adro – Territorio e vicende storiche”, edito dal Comune di Adro nel 1989, dedica un intero capitolo sulla fondazione della Società Operaia Agricola di Mutuo Soccorso nel comune franciacortino. Nascita che porta la data del 30 maggio del 1878, avvenuta nella grande sala del palazzo Bargnani Dandolo. A pagina 334 il professor Perini pubblica la foto della bandiera della società. Al centro ecco apparire lo stemma del comune di Adro.

Lo scudo, di tipo accartocciato come in uso in quei tempi, è accollato ad una vanga, un rastrello, una mazza e una zappa posti in decusse. Sotto lo scudo un incudine e una ruota dentata. Non solo. Ma sotto lo scudo come elementi esterni, sempre in decusse, ecco due rami: uno di quercia e uno di alloro entrambi onusti di frutti legati da un nastro probabilmente di colore azzurro! Esattamente come impone l’apposita legge. Almeno per quanto riguarda parte gli elementi esterni.
Infatti, lo scudo non è cimato dall’apposita corona. Per trovare i due rami in decus-se, dovremo aspettare gli anni ’80. E solo nello stemma al centro dei timbri, non sullo stemma posto in alto a sinistra o a destra del documento. La società di mutuo soccorso cessò di esistere il 26 aprile del 1936. Logico pensare che la bandiera sia stata predisposta dopo il 1910. Se così non fosse sarebbe veramente eccezionale, vista la quasi completezza di tutti gli elementi che compongono uno stemma araldico comunale.
Per alcuni decenni lo stemma rimarrà immutato. Durante il periodo fascista ecco alcune modifiche. Secondo precise norme sulla carta stampata accanto allo stemma del comune doveva apparire il fascio littorio.
Ecco un documento del periodo.

In alto a sinistra il fascio littorio. A destra lo stemma comunale.
Cinque mesi dopo le cose cambiano. Con il decreto n. 1440 del 12 ottobre 1933 (anno XI dell’era fascista) fu istituito il Capo del Littorio “… determinato nella sua figurazione araldica dall’illustrazione unita al presente decreto…” .

Ecco la blasonatura del Capo del Littorio: “Di rosso (porpora) al fascio Littorio d’oro cir-condato da due rami di quercia e d’alloro, annodati da un nastro dai colori nazionali”. L’art. 2 del decreto recita così: “L’emblema del Fascio Littorio usato, a norma delle disposizione vigenti, dalle Province, dai Comuni, dalle Congregazioni di carità, e dagli Enti parastatali autorizzati a fregiarsene, dovrà essere disposto negli stemmi di legittimo possesso inscritti nei libri araldici del Regno, nella forma delle figura araldica del Capo.” Il decreto porta la firma di Vittorio Emanuele III ed è controfirmato da Benito Mussolini.
Curiosamente la disposizione fascista non è immediatamente recepita dagli amministratori adrensi. Con tutta probabilità prima di modificare il tutto si attese che la fornitura cartacea precedente fosse terminata.

Questo documento datato 8 febbraio 1934 lo conferma. Infatti, i due stemmi sono ancora ben distinti: uno a sinistra ed uno a destra.
Siamo nel 1936. Finalmente ecco lo stemma con tutti i sacri crismi: nella pezza d’onore ecco il Capo con il fascio del Littorio. All’interno lo stemma comunale.

In fondo a sinistra il particolare dello stemma.
Il testo della lettera è uno spaccato delle difficoltà economiche delle giovani coppie di quel periodo. Il podestà di Adro scrive al prefetto di Brescia affinché un giovane del paese, in quel momento militare, possa ottenere il Premio di Nuzialità per aver contratto matrimonio. C’è però un problema. Non ci sono i soldi!
Dieci anni dopo la municipalità alternava l’uso degli stampati con lo scudo arricchito all’interno dello stemma, ed in altri con lo scudo senza lo stesso. Sempre però con il Capo del Littorio. Eccone un esempio.

Le date delle due lettere sono interessanti. Infatti, il 1° settembre del 1943 il re e il governo avevano deciso di accettare l’armistizio con gli alleati. L’8 settembre alle ore 18,30 il generale David Dwight Eisenhower annuncia da Radio Algeri la firma dell’Armistizio.
Il 18 settembre Benito Mussolini con un discorso radiofonico da Monaco di Baviera annuncia la costituzione di un governo fascista e repubblicano. Il 14 novembre a Verona si tiene la prima assemblea nazionale del Partito Fascista Repubblicano. Il 25 novembre il nuovo Stato assume ufficialmente il nome di Repubblica Sociale Italiana. Il nuovo governo ordina che il fascio littorio sia rimosso dagli stemmi e che lo stesso sia sostituito dal fascio repubblicano. Il fascio littorio, invece, rimarrà in molti stemmi dei comuni bresciani fino agli anni '60! Adro compreso, come vedremo in seguito.
Interessanti queste due lettere che propongo alla vostra attenzione. Entrambe sono datate nei primi mesi del 1946. La lettera del 26 marzo è priva del Capo del Littorio; quella datata 31 marzo, invece, lo mantiene.

I due stemmi, senza e con il fascio nel Capo, sembrano riflettere la difficoltà della scelta.
Il Capo del Littorio, oltre che sulla carta stampata, era effigiato anche sui timbri comunali.
Incredibile ma vero! Il documento che ora sottopongo alla vostra attenzione porta la data del 16 luglio 1960. Il sindaco era Vito Guerra. Ebbene, all’interno del timbro ecco nello scudo il Capo del Littorio. Erano trascorsi 14 anni dall’avvento della Repubblica Italiana! In verità sul mio congedo militare, avvenuto il 25 luglio 1966, lo stesso è vistato dal “Capo dell’Amministrazione Comunale” (il Sindaco n.d.a.) Vito Guerra il 27 luglio 1966, con tanto di timbro con all’interno lo stemma comunale, nel Capo c’è ancora il littorio!

Nello stemma appare ancora il Capo del Littorio!
Negli anni a seguire lo stemma del comune di Adro, mai ufficialmente riconosciuto, non ha subito variazioni, se non in qualche accorgimento estetico. Ecco un chiaro esempio.

Notare i due elementi esterni allo scudo: la corona e i due rami, in decusse, di quercia e alloro, entrambi fruttati.
Sui documenti ufficiali lo stemma comunale, negli anni avvenire, continua ad essere rappresentato senza corona e i due rami esterni. Non così nel timbro, dove, invece, appare sia la corona che i due rami!

In fondo, sempre a sini-stra, ecco il timbro che lo stemma arricchi-to dalla corona e dai due rami di quercia e alloro.
